mercoledì 26 novembre 2008

evabbe'...

alla fine si e' deciso per fare il congresso del PD il prossimo autunno. La cosa non mi entusiasma perche' non credo affatto che la dirigenza, questa dirigenza, sia in grado di dimostrarsi compatta fino ad allora. Girano tra l'altro voci insistenti che vorrebbero il Rutellone gia' pronto a smarcarsi dal partito per formare una nuova coalizione. Le ragioni sono individuabili facilmente nel poco spazio trovato all'interno della nuova formazione che sembra molto piu' dominato dagli ex DS. Se cosi' fosse, credo che l'esperimento PD sia da considerarsi un fallimento.

Comunque, se da un lato affrettare il congresso a marzo, come a me sarebbe sembrato piu' logico, potesse essere un rischio, visto che le iscrizioni procedono con una lentezza esasperante e non per colpa della gente, ma piuttosto perche', a mio avviso di proposito, sono state farte partire molto in ritardo, c'e' da sperare che Veltroni disegni una linea politica del partito ancora molto nebulosa. Rilevo pero' che le premesse non sono positive.
Intanto in termini di alleanze sul fronte interno.
Non e' chiaro con chi si schierera' il Partito perche' certamente le posizioni UDC, comunque legame inviso a tutti quelli di buon senso, non sono certo condivisibili dall'IDV, con cui sembra sempre esserci una lotta sotterranea, salvo poi mettersi insieme, come succede in Abbruzzo, per carita' scelta logica, anche dopo gli scandali recenti, ma certo discutibile visti le posizioni dipietriste che stanno esasperando.

Sul fronte europeo, di certo la scelta di non volersi collocare con nessuno dei gruppi politici non aiuta a capire quale sia la direzione che si vuole intraprendere. E' chiaramente una scelta opportunistica che non risolve le lacerazioni interne, se non temporaneamente. E' una scelta "maanchista" degna del miglior Crozza, ma non di certo di un partito come il PD che per sua stessa vocazione nasce aperto all'Europa, mentre invece, in questo momento, vi si isola. Ancora di piu' se si pensa che i DS, in Italia confluiti nel PD, ma che in Europa ancora esistono, hanno aderito con Fassino al PSE.

Insomma il quadro non e' affatto chiaro e, viste le premesse, la mia impressione e' piuttosto che il 19 dicembre, giorno in cui la dirigenza del Partito Democratico si riunisce, questo programma di forte innovazione, cosi come Veltroni annuncia, non si vedra' e saranno le solite parole generiche e i soliti proclami urlati alla gente a cui siamo abituati. Spero sinceramente che non sia cosi.
Per adesso, non resta che rimanere alla finestra a guardare, cosi come in fondo il nostro segretario ci ha insegnato a fare .....

venerdì 21 novembre 2008

E adesso che facciamo ?

La soluzione attuale del caso Villari insieme alla scena pietosa di Latorre beccato come uno scolaretto delle elementari non sono altro che il malessere di questo PD, un malessere che in qualche modo doveva sfociare e di cui siamo costretti ad affrontare le conseguenze in maniera urgente.
Come ho scritto in una nota precedente, il problema della leadership nel PD e' il piu' grave. Sottolineo che e' ben piu' che una questione di persone quanto, soprattutto, di idee.
Saro' forse l'unico nel PD, ma io non sono d'accordo che il paese stia scivolando a destra. Per me, il segno tangibile rimane il 25/10 e il disgusto generalizzato di questi mesi. Piuttosto, e' un paese, il nostro, che ha bisogno di sicurezze, di una politica chiara, netta, di una direzione motivata da interessi comuni. Del resto, il successo dei vari movimenti populisti o le affermazioni demagogiche di Di Pietro, una cosa la dicono, ed e' esattamente questa. E' un corale "Basta!". Basta con una politica che non serve a nessuno, basta con i baroni della politica.
Qual e' la risposta del PD a questo e alla sua gente ? Puo' esserlo un partito che riunisca, e in che modo, la Binetti o Villari ? Spostare il baricentro verso posizioni ancora piu' moderate rischia di confondere anche le persone piu' convinte.
Il problema sostanziale e' che il PD non nasce con una collocazione chiara, ma soprattutto non nasce con una comunita' d'intenti. Lo sviluppo e' ancora piu' drammatico. Vuole essere di sinistra ma si appiattisce su posizioni di destra, vuole essere riformista ma si aggrega a posizioni teocon, accusa Berlusconi di essere plurindagato e fa l'occhiolino all'UDC.
Se il berlusconismo ha portato qualcosa alla destra e' la sua leadership, indiscussa e soprattutto accettata da tutti. Questo nonostante le uscite clownesche del Premier. Il messaggio pero' e' chiaro, ripetuto come nelle pubblicita'. Soprattutto, il PdL e' formato da pochi seguaci pensanti e da molti saltimbanchi.
A sinistra invece, chi si aspettava proprieta' taumaturgiche dall'ex sindaco di Roma e' rimasto deluso e la sinistra e' rimasta al palo, statica forse perche' le anime pensanti sono anche troppe, ma con nessuno in grado di poter o voler prendere in mano le sorti del partito e con Veltroni che sempre piu' sembra agire, non con un piano ben preciso, ma piuttosto secondo gli umori della piazza. Il problema e' che la piazza lui non sa proprio dirigerla. Al contrario del suo avversario che ne percepisce i sentimenti prima, Veltroni si adagia prima per poi scalpitare nervosamente a seconda delle "quotazione del mercato". Qui non c'e' politica, non c'e' anima, non c'e' un contenuto. Allora forse sarebbe meglio fare un congresso, subito, che riunisca le idee. Veltroni prenda atto del suo fallimento e lavori a un progetto di Partito come fino ad ora non e' stato in grado di fare, smettendo persino i panni a stelle e strisce, sfrutti quel po' di potere che gli e' rimasto e si adoperi a modernizzare la struttura, svecchaindo le gerarchie e immediatamente indica un congresso cosi da dare una deadline, meglio approfittare del congresso di marzo del PdL, in modo da confondersi nella confusione e fino a quel momento stare zitti sperando che la barca non affondi.

giovedì 20 novembre 2008

DA La Stampa...cazz me ne sono andato !!

Terence Hill torna al western
L'attore sta girando a Santa Fe «Doc West», un film per Mediaset diretto da Giulio Base


Bud Spencer e Terence Hill in «Lo chiamavano Trinità» (da archivio Corriere) SANTA FE - Terence Hill torna al primo amore. L'attore che da qualche anno dà il volto a Don Matteo (fiction Rai su un parroco di Gubbio che spesso aiuta i Carabinieri nelle indagini) sta girando un film western per la tv a Santa Fe (New Mexico). Nel ranch di Bonanza Creek, villaggio cinematografico creato dagli artigiani italiani 15 anni fa per Lucky Luke (e poi usato per la serie «Bonanza») un cast quasi tutto italiano, diretto da Giulio Base, sta girando «Doc West», film per la tv in due puntate prodotto da Mediaset, che vede il ritorno di Terence Hill al genere cinematografico che lo ha reso famoso.

COL CAVALLO DI ZORRO BANDERAS - L'uscita è prevista per la primavera del 2009, ma «Doc West» è una scommessa ancora in corso: il genere western, per tanto tempo dimenticato e ora tornato di moda a Hollywood, piacerà ancora al pubblico televisivo italiano? Per scoprirlo non c'era che da trovare una storia interessante e un protagonista credibile. Nessuno avrebbe potuto esserlo più di Terence Hill, affiancato in questa avventura da Ornella Muti, Paul Sorvino, Clare Carey e da un cavallo non meno famoso: Casey, il magnifico frisone cavalcato da Antonio Banderas in Zorro.

TRAMA - In «Doc West» Terence Hill rivestirà la parte di un dottore che, oppresso dai sensi di colpa per aver fatto un grande errore nella sua carriera medica, abbandona la professione e vaga per il selvaggio west giocando a poker e tirando di pistola, nel tentativo di dare di che vivere ad un bambino, rimasto orfano a causa del suo errore. All'inseguimento di un gruppo di banditi, si ritrova in un villaggio guidato dallo sceriffo Basehart (Paul Sorvino). Qui Doc West torna ad esercitare la professione medica. «La forza di questa storia è aver dato un passato al mio pistolero - spiega Hill -. Avevo rinunciato all'idea di fare western, perché l'eredità di quanto fatto in passato era pesante ma Doc West è una scommessa che mi sono sentito di giocare. È una via di mezzo fra Il mio nome è Nessuno e Trinità. Rispetto ai film di allora però non si ride, si sorride. I tempi sono diversi, il pubblico è diverso».

..ma c'hai ragione..



Quello che avverte il carissimo Zoro, sono mesi che lo diaciamo tutti, in tutti i circoli. Io non aggiungo altro, perche' il video e' veramente esplicativo..

martedì 18 novembre 2008

Il dubbio PD

Gli avvenimenti di questi giorni, credo invitino a riflettere. Dalle elezioni politiche, l'opposizione del PD e' sempre stata piuttosto flebile. Il nuovo vigore dato dalla riuscitissima manifestazione del 25/10 ha sollevato delle questioni che mi sembra siano affrontate nel modo sbagliato.
Innanzitutto, bisogna capire che 2500000 di persone sono un segnale difficilmente trascurabile. L'intenzione di chi come me voleva dare un impulso alla dirigenza del partito, piuttosto che al suo leader, era evidente, ma assolutamente non scontato era il risultato. E' triste vedere oggi come la voglia di sinistra di quelle persone si sia tradotto soltanto in un gioco al massacro. Chi ne fa le spese e' il PD, ma questo alla nostra leadership non risulta.
Ricordo che il PD e' nato come un nuovo partito, che avrebbe dovuto mettere la gente al centro e soprattutto rompere con la vecchia partitocrazia del passato.
Ad oggi questo non si vede.
Due sono i segni piu' tangibili: il primo, l'assoluta mancanza e rispetto per cio' che e' stato il motto fin dalla nascita, ovvero primarie sempre. Qui c'e' la prima contraddizione di fondo. Se la gente chiede la possibilita' di votare alle elezione europee a liste aperte, non si capisce per quale motivo questo non avvenga all'interno del partito, nel quale con un colpo di mano vengono assegnati i segretari di PD Lazio e PD Roma.

Secondo, come intendere poi la vergognosa spartizione e lo scempio che sta avvenendo dietro l'elezione del Presidente della Commissione di vigilanza ?
Non sono forse questi segni di una partitocrazia strisciante ?
E come interpretare, in termini di leadership del Partito, la questione di Villari ?
Non m'interessa il giudizio politico su Veltroni, m'interessa il dato e questo mi dice che Veltroni non ne e' il suo leader.

Io credo sia necessario non un maquillage, ma una ben piu' profonda soluzione, perche' il PD non puo' continuare a seguire, ne' la destra, ne' il Partito Democratico Americano. Quei 2500000 di individui hanno voglia di riconoscersi in un soggetto politico di sinistra, pensante, propositivo e rinnovante, capace di dare un'impronta e una scossa ad una sistema e a una societa' ingessata, non di seguirne delle orme identificate tra i sondaggi.

Tuttavia, lo sappiano D'Alema e Rutelli, che neanche loro, non solo Veltroni, sono l'anima di questo partito. Il PD ha bisogno di una leadership aggregante e soprattutto unitaria che ne' D'Alema, ne' Rutelli, ne' Veltroni sono in grado di offrire. Prima ce ne accorgiamo, meglio e'. Il rischio non e' piu' un partito allo sbando, ma la morte politica del PD.